GIANNI DE TORA |
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1997 Palazzo della Pretura di Casoria (NA) 30 Aprile-30 Maggio |
ARTICOLO DI MAURIZIO VITIELLO SUL QUOTIDIANO ''IL GLOBO'' DEL 12 MAGGIO |
L'angolo della cultura – Arti visive ''Gener-azioni" al Palazzo della Pretura - Casoria Con una tavola rotonda, a cui hanno preso parte Vitaliano Corbi, Nicola Scontrino, Giorgio Segato e Tommaso Casillo, è stata aperta la mostra "Gener- azioni", voluta dal sindaco di Casoria, Salvatore Graziano, e dall' assessore alla Cultura, Stanislao Tommasi, con la collaborazione della Associazione culturale "Lionello Venturi" di Salerno, del settimanale "Casoria Oggi", della Associazione culturale "Il Cerchio" di Casoria. Al Palazzo della Pretura di Casoria, comune a nord di Napoli, espongono Renato Barisani (grande maieuta, abile sperimentatore ed eccellente artista ever-green), Gianni De Tora (che indaga, emblematizza ed attraversa immaginari geometrici), Carmine Di Ruggiero (che dai triangoli trattati come pungoli ottici ha sfiorato cremosità in impianti informali), Mario Lanzione (ispirato artista, conferma la sua piena e convinta adesione all'interessante codice del lirismo astratto-geometrico con apprezzabilissimi risultati), Antonio Manfredi (dotato di metodo, studia risultanze da indagini su campiture geometriche e su nuovi materiali), Domenico Spinosa (vertice dell' "infrmel"; punta sempre più ad accordi ritmo- cromatici di valenza e forza sintetica). Nicola Scontrino, tra l'altro, scrive: " .. ,Questa mostra raccoglie la necessità di lasciare un passaggio interpretativo, con leggerezza creativa, dove non esiste il passaggio ed il presente, cercando di formulare, infatti, una sottile continuità che solo attraverso l'arte si riesce a cogliere ed a conservare nel grembo; ma da queste realtà nasce appunto anche l'impulso a lasciare la propria traccia ed il proprio insegnamento". Giorgio Segato sottolinea, invece, tra l'altro: " ... pare che questa sorta di piccola 'coalizione' di artisti sia significativa proprio nel senso della restituzione alla figura, all'individualità ed alla capacità pratica e tecnica dell'artista di una funzione generante e rigenerante del rapporto con la realtà attraverso i sensi e dell'immaginazione costruttiva come co- stante elaborazione, ora più poetica ed anche lirica, ora più razionale e anche matematica, degli spazi, dei rapporti, delle materie, dei colori non più intesi come 'media', mezzi di rappresentazione, bensì come campi di energia, di presentazione, di accadimento". In conclusione, esposizione da non perdere. |
ARTICOLO DI MAURIZIO VITIELLO SULLA RIVISTA ''IL CERCHIO'' N.12/13 DI GIUGNO/AGOSTO 1997 |
Mostre a Napoli :GENER-AZIONI Con una tavola rotonda, a cui hanno preso parte Vitaliano Corbi, Nicola Scontrino, Giorgio Segato e Tommaso Casillo, è stata aperta la mostra "GENER-AZIONI". AI Palazzo della Pretura di Casoria, espongono Renato Barisani (grande maieuta, abile sperimentatore ed eccellente artista ever-green), Gianni De Tora (che indaga, emblematizza ed attraversa immaginari geometrici), Carmine Di Ruggiero (che dai triangoli trattati come pungoli ottici ha sfiorato cremosità in impianti informali), Mario Lanzione (ispirato artista, conferma la sua piena e convinta adesione all'interessante codice del lirismo astratto-geometrico con apprezzabilissimi risultati), Antonio Manfredi (dotato di metodo, studia risultanze da indagini su campiture geometriche e su nuovi materiali), Domenico Spinosa (vertice dell' "informel", punta sempre più ad accordi ritmo-cromatici di valenza e forza sintetica). Nicola Scontrino, tra l'altro, scrive: " ... Questa mostra raccoglie la necessità di lasciare un passaggio interpretativo, con leggerezza creativa, dove non esiste il passaggio ed il presente, cercando di formulare, infatti, una sottile continuità che solo attraverso l'arte si riesce a cogliere ed a conservare nel grembo; ma da queste realtà nasce appunto anche l'impulso a lasciare la propria traccia ed il proprio insegnamento." Giorgio Segato sottolinea, invece, tra l'altro: " ... pare che questa sorta di piccola "coalizione" di artisti sia significativa proprio nel senso della restituzione alla figura, all'individualità ed alla capacità pratica e tecnica dell'artista di una funzione generante e rigenerante del rapporto con la realtà attraverso i sensi e dell'immaginazione costruttiva come costante elaborazione, ora più poetica ed anche lirica, ora più razionale e anche matematica, degli spazi, dei rapporti, delle materie, dei colori non più intesi come "media", mezzi di rappresentazione, bensì come campi di energia, di presentazione, di accadimento''. |
REDAZIONALE SUL QUOTIDIANO ''CASORIA OGGI'' DEL 11 MAGGIO 1997 |
Arte astratta- intervista a Giorgio Segato critico d'arte e addetto alla cultura al Comune di Padova Ci ha detto il critico d'arte padovano Giorgio Segato curatore con Nicola Scontrino della mostra dal titolo "Gener-azioni" allestita nel Palazzo della Pretura di Casoria: "La bella rassegna è bene espressa nel manifesto sapientemente ideato su due bande bianca e nera, emblemi dello spazio pieno e dello spazio vuoto, del rumore e del silenzio, della superficie e della profondità. Nel nero, in profondità, fiorisce il titolo "Gener-azioni" in scritta dorata, come «Tesoro» da svelare, quello dell'opera degli artisti i cui nomi sono significativamente scritti tra bianco e nero come elementi di congiunzione tra vuoto e pieno, tra luogo del consumo delle cose e luogo della contemplazione, tra materiale e spirituale. Il titolo "Gener-azioni" indica l'appartenenza dei sei artisti a differenti generazioni temporali dal 1916 di Domenico Spinosa al 1961 di Antonio Manfredi, passando per il 1918 di Renato Barisani, il 1934 di Carmine Di Ruggiero, il 1941 di Gianni De Tora e il 1951 di Mario Lanzione, ma vuole soprattutto indicare l' "azione generante" e rigenerante, creativa di nuove idee e di nuovi spazi che è propria degli artisti. Questa mostra in particolare - ha sottolineato Giorgio Segato - convoca a Casoria artisti campani di un periodo di tempo che rappresenta gran parte del nostro secolo e delle dinamiche culturali collegate alle problematiche delle arti visive relative al superamento della pittura figurale di tradizione verso una ricerca sullo spirituale e l' immateriale, la concettualità, la progettualità, l'elaborazione emotiva della sensorialità. L'itinerario espositivo è di estremo interesse documentario poichè propone opere di maestri di molte generazioni di artisti come Spinosa e Barisani fino al più giovane Antonio Manfredi. Le opere segnalano una straordinaria varietà di temi, dalla gioiosità cromatica dell'immersione nella memoria sensitiva di Domenico Spinosa, all'evidenza delle forme come restituzione concettuale e strutturale dell'immagine in Renato Barisani, dal segno che diventa percorso di immersione/emersione dei riferimenti sensoriali pulsanti nello spazio/materia di Carmine Di Ruggiero alla rimessa in gioco dei segni e degli spazi come possibilità destrutturanti e costruttive aperte di Gianni De Tora, dalle vibrazioni luminose e cromatiche dei delicati rilievi materici di Mario Lanzione al vuoto energetico strutturato e modulato in installazioni assorbenti in spazi di quiete e di silenzio riattivante processi immaginativi di Antonio Manfredi. Il senso ( direzione e significato ) della mostra è dato proprio dalla capacità degli artisti di percepire e offrire «nuovi spazi», nuove suggestioni all'intelligenza e all'emozione visiva indispensabili al rinnovarsi dinamico delle idee. Il professore Segato ha espresso il suo compiacimento per la disponibilità ad ospitare una rassegna così significativa nella sede della Pretura di Casoria, caratterizzando con una «provocazione» estetica di rilievo uno spazio pubblico di alta frequentazione che -ha detto- andrebbe qualificato utilizzando la legge del 2% per l'acquisizione di opere d'arte. L'arte crea simboli e segnali che possono costituire riferimenti dell'identità e della cultura del territorio. È indispensabile ritrovare - e la legge del 2% del costo degli immobili pubblici (scuole, impianti sportivi, edifici pubblici) assegnata alle opere d'arte lo consente - la passione di creare o evidenziare segni, memorie, strutture in cui la comunità si riconosca e conosca il proprio ambiente. |
REDAZIONALE SUL QUOTIDIANO ''CASORIA OGGI'' DEL 27 APRILE 1997 |
Gener-azioni Mostra di Pittura di grande espressione artistica Con il patrocinio del Comune e dell'Assessorato alla Cultura di Casoria, Mercoledì 30 Aprile 1997, alle ore 18,00, presso il Palazzo della Pretura di Casoria s'inaugurerà la mostra di pittura "GENER- AZIONI" con gli artisti Domenico Spinosa, Renato Barisani, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione e Antonio Manfredi. Tutti artisti storicizzati che rappresentano la massima espressione dell'Arte Astratta Napoletana, personaggi noti in tutto il mondo e che hanno all'attivo mostre personali e di gruppo d'importanza Nazionale ed Internazionale. A presentare la manifestazione (con una tavola rotonda) interverranno i critici d'Arte Vitaliano Corbi di Napoli, Nicola Scontrino di Salerno e Giorgio Segato di Padova; con la partecipazione dell'On. Tommaso Casillo, il Sindaco Salvatore Graziuso e l'Assessore alla Cultura Stanislao Tommasi. Moderatore Domenico Maglione. I1 catalogo che illustra la Rassegna, è curato dai proff. Nicola Scontrino e Giorgio Segato che hanno messo in evidenza il "Carattere" storico- generazionale degli artisti partecipanti. Tutti personaggi di rilievo e di grande spessore artistico, essi rappresentano un filo conduttore di circa cinquantanni di storia dell'Arte Astratta Napoletana. Domenico Spinosa (Napoli, 1916), Renato Barisani (Napoli, 1918) entrambi maestri all'Accademia di Belle Arti e più volte presenti alla Biennale di Venezia, sono quelli che tra i primi hanno introdotto l'astrattismo nella cultura partenopea; Carmine Di Ruggiero (Napoli, 1934), anche egli docente all'Accademia di Belle Arte di Napoli e presente alla Biennale di Venezia il 1964, è l'artista che insieme a Gianni De Tora (Caserta, 1941) hanno continuato e rafforzato la cultura dell'astrattismo contribuendo alla formazione del Gruppo "Geometria e Ricerca". Mario Lanzione (S. Egidio M.A.- SA, 1951) e Antonio Manfredi (Casoria - Na 1961), sono la generazione più giovane del gruppo ma che hanno già un bagaglio di esperienza di livello internazionale, entrambi hanno partecipato a rassegne "storiche" e sono considerati dalla critica e dal mondo artistico, i più validi rappresentanti tra i giovani, come l'espressione di una continuità storica dell'Arte Astratta Napoletana. A tale proposito citiamo alcune frasi che Nicola Scontrino ha scritto nella sua presentazione: questa mostra raccoglie le necessità di lasciare un passaggio interpretativo, con leggerezza creativa, dove non esiste il passato ed il presente cercando di formulare, infatti, una sottile continuità che solo attraverso l'arte riesce a cogliere ed a conservare nel grembo; ma da queste realtà nasce appunto l'impulso a lasciare la propria traccia ed il proprio insegnamento. Domenico Spinosa: oggi la sua sperimentazione diventa più riflessiva e dentro quel lungo peregrinare l'osservazione lo porta a contemplare gli elementi spettacolari che si interpongono fra il segno gestuale della pittura e gli elementi di quella natura che diventa elemento di osservazione e non certamente di contemplazione. Un viaggio, quindi, nell'ascoltare e nell'osservare le trasformazioni dei paesaggi, sensazioni impercettibili che descrivono elementi, come gli Ulivi del Cilento o i Cardi di Massalubrense, che diventano metafore della stessa costruzione che si trova all' interno della soggettività del colore, ma fondamentalmente nella fenomenologia della pittura. Renato Barisani: se si prende in esame questa ultima produzione, si può notare che il vero significato dell'opera non si è spostato di gran lunga da quello che era il progetto iniziale, come il senso dell'ordine che la geometria contempla costruendo elementi strutturali e visivi; infatti, si può certamente parlare di una memoria della contemplazione della geometria che si affianca ad una ricerca di una plasticità all'interno dell'opera stessa che si può notare la nuova realtà a cui va incontro Barisani, una nuova forma del progettare dove le sostanze della materia diventano nuove concettualità di presenza storica dentro l'opera. Carmine Di Ruggiero: certamente, ancora oggi, troviamo vigore e spessore nelle sue opere, ed è proprio in questa dimensione che il ritorno alla sublimazione della pittura ci conduce ad uno spostamento del centro, ma non al codice ultimo. Il suo luogo di analisi diventa il giardino incantato, dove la magia della pittura inventa ancora nuove istanze di pensiero, e la metamorfosi del conoscere si pone sempre come realtà da raggiungere e come spazio indefinito della mente; ma forse in questa contestualità il sentirsi libero da sistemi riduttivi provoca in Di Ruggiero ancora un ribaltamento di quelle che sono, e forse restano, sempre le dimensioni della logica del pensiero. Per Gianni De Tora il luogo del narrare ha assunto una sua precisa connotazione, pur restando ancorato al senso delle dimensioni della costruzione geometrica, e si sviluppa dentro il luogo della descrizione; infatti, il suo racconto è avvolto ed iscritto dentro quelle dimensioni che il colore traccia come senso del limite della rappresentazione e della struttura che il segno geometrico delinea, ma al tempo stesso enuncia e lo porge come l'essenza della conoscenza. Nel suo lucci- cante nero che delinea il quadro ed al cui interno si aprono spazi che giocano sull'elemento della dualità vuoto-pieno, ponendo delle prospettive spiazzanti. Mario Lanzione: queste ultime ricerche di Lanzione rappresentano la completa rarefazione di questi elementi costruttivi sia geometrici che segnici affidati alla pittura. Però, su questa conflittualità, esiste una mens super omnia che traccia il solco del racconto, cercando una evoluzione linguistica, ma che non rappresenti assenza ma che, anzi, rafforzi la presenza. Pertanto, è sullo sviluppo di tutto il lavoro che possiamo leggere le diverse componenti dell'opera ed avere, così, quella necessaria osmosi fra pensiero, inteso come assenza, ed opera, come presenza; certo, questo percorso di Mario Lanzione risulta affascinante, ma anche difficile da percorrere, come nella sostanza un pò tutto il puro astrattismo. Difficoltà, però, che trova la sua corrispondenza in un forte impegno mentale e culturale. Antonio Manfredi: questi ultimi lavori di Antonio Manfredi trovano una contestualità operativa, appunto, nella ricerca non solo dei materiali plastici ma nella estrema duttilita che questi hanno e nel possesso del colore su cui si possono intrecciare dimensioni e piani, che vengono proiettati sul muro bianco, ottenendo in questo modo soluzioni diaframmatiche sempre varie e mai assolute. La precarietà dell'assenza e della conoscenza, comunque, restano i motivi semiologici su cui Manfredi lavora e su cui appunta tutta la sua ricerca: un discorso sulla conflittualità che sempre si presenta fra la rigidità della materia e la manipolazione mentale, e non solo manuale, con cui si tenta la trasformazione e, forse, l'umanizzazione della stessa materia, oltre ai diversi significati del paradosso sognico che la cultura dell'arte ormai offre. Ci pare giusto concludere questo nostro scritto con un pensiero espresso da Giorgio Segato: ... pare che questa sorta di piccola "coalizione" di artisti sia significativa proprio nel senso della restituzione alla figura, all'individualità ed alla capacità pratica e tecnica dell'artista di una funzione generante e rigenerante del rapporto con la realtà attraverso i sensi e dell'immaginazione costruttiva çome costante elaborazione, ora più poetica ed anche lirica, ora più razionale e anche matematica, degli spazi, dei rapporti, delle materie, dei colori non più intesi come "media", mezzi di rappresentazio- ne, bensì come campi di energia, di presentazione, di accadimento. |
locandina invito |
TESTO DI NICOLA SCONTRINO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Le ragioni di una presenza Le ragioni di un evento vanno sempre ricercate in quelle sostanze che guardano dentro le nostre radici culturali, e che si pongono come strutture di una memoria sempre in divenire e mai appagata. Rapporto che si sviluppa dentro l'opera d'arte e che tende a formulare sillogisrni che si proiettano dentro i luoghi della nostra esistenza, fondamentalmente in quelli del pensiero sia individuali sia collettivo. Elementi, questi, che costituiscono raffinate armonie che rappresentano le formulazioni della nostra conoscenza, ma anche, e soprattutto, sensazioni percettive che diventano i segni imprescindibili del nostro essere dentro e fuori le cose. Orizzonti che si aprono come elementi della memoria e che diventano un chiaro riferimento alla complessità immaginativa che si sviluppa nelle parabole dei rilievi che si aprono nelle storie del quotidiano e dalle immagini che questo ci fornisce; pertanto, i luoghi della cultura diventano simbolicamente i percorsi in cui e su cui siamo abituati a rapportarci. Relazioni che servono come traccia di un simbolico percorso, dove il senso dell'orizzonte rimane come punto intermedio tra la memoria individuale e quella storica. Indubbiamente, questa connotazione ci necessita per rifondare le ragioni di una ricerca che induce a riflettere su quel vasto programma, che la continuità dell'arte opera all'interno della cultura e della formazione della comunicazione; un senso che investe i modelli del creare dei linguaggi che non abbiano dimensione o limitazione, sia come concettualità di spazio sia di relazione di tempo. Un sistema che si pone, quindi, come realtà a se stante e non come codice di una struttura già predefinita; la formulazione resta quella di un superamento di quella barriera atemporale, dove l'unica logica rimane quella di una continuità immaginativa e di lavoro e dove è ancora possibile leggere quella necessità di realizzare linguaggio e comunicazione con nuove tensioni, e forse nuove necessità; segni questi di una vitalità che necessariamente, solo l'arte, può offrire e realizzare.Questa mostra raccoglie le necessità di lasciare un passaggio interpretativo, con leggerezza creativa, dove non esiste il passato ed il presente, cercando una formulazione dove esiste una sottile continuità che solo attraverso l'arte si riesce a cogliere ed a conservare nel grembo; ma da queste realtà nasce appunto anche l'impulso a lasciare la propria traccia ed il proprio insegnamento..... Gianni De Tora La rigidità geometrica nell'impatto percettivo e nel mondo dell'espressione è stata vinta. lo sguardo assume ormai un senso di obliquità rispetto al rigido senso degli schemi del costruire e del vedere. Per De Tora il luogo del narrare ha assunto una sua precisa connotazione, pur restando ancorato al senso delle dimensioni della costruzione geometrica, e si sviluppa proprio dentro il luogo della descrizione; infatti, il suo racconto è avvolto ed inscritto dentro quelle dimensioni che il colore traccia come senso del limite della rappresentazione e della struttura che il segno geometrico delinea, ma al tempo stesso enuncia e lo porge come l'essenza della conoscenza. Nel suo luccicante nero che delinea il quadro ed al cui interno si aprono spazi che giocano sull'elemento della dualità vuoto - pieno, ponendo delle prospettive spiazzanti, possiamo trovare non solo delle presenze segniche ma delle realtà metonimiche che trovano sostanza in questa sorta di organizzazione di costruzione di un meta- linguaggio, che tende quindi ad una definizione più appartenente alla logica che non ad una forma di technè della parola. Sono proprio i tratti segnici ma anche estremamente gestuali, che fanno sconvolgere il senso rigido della geometricità analitica; un ruolo di grande respiro assume in queste ultime ricerche la funzione del colore, ed in genere in tutti i materiali usati, che diventa sempre più statico all'interno dell'opera anche se costruisce piani di riferimento e di orientamento su cui verificare ed appuntare la propria linea d'indagine. Queste indagini portano ormai lontano De Tora da quegli schemi rigidi della geometria e forse lo avvicinano a quel mondo originario del racconto che lo avevano visto impegnato all'inizio della sua ricerca. Certamente il senso è completamente diverso ed i significati oggettuali costruiscono nuove realtà, ma proprio in questo senso di difformità concettuale De Tora punta sull'estrema "ratio", facendo riferimento ormai al senso del recupero della piena soggettività espressiva con un aperto ritorno all' assoluto e al pensiero perfetto. Elementi questi che sono stati sempre presenti nel suo percorso artistico e che continuano a viaggiare in perfetta sintonia..... |
TESTO DI GIORGIO SEGATO SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
Diverse Gener-azioni Sentire spazi, costruire idee Mi ha subito sollecitato, della lettera degli amici artisti campani Spinosa, Barisani, Di Ruggiero, De Tora, Lanzione e Manfredi, il fatto che si tenesse a sottolineare che la proposta di mostra non concerneva un gruppo costituito, nè era espressione di un qualche "movimento ", ma un percorso generazionale con un suo fil rouge significativo, per quanto sottile e non lineare, intrecciato in maglie diverse, più o meno complesse, di orditi ora costruiti nello spazio disegnato e compattato, ora aperti in uno spazio fluido, illimitato. Un'idea che, evidentemente, dichiara una necessità di bilancio ''storico", di restituzione di riferimenti e di efficaci itinerari di espressione e di ricerca in un' area ben determinata, quella partenopea, ricca di idioma locale ma, insieme, sempre sensibilissima ai linguaggi nazionali e internazionali dell'arte, soprattutto in questi ultimi vent'anni, in cui si è guardato molto al territorio napoletano come ad un vero e proprio laboratorio, a un crogiuolo di idee, di esperienze linguistiche, musicali, visive di cui si sarebbero ben presto visti i frutti. Forse cominciano ad emergere ora, in virtù delle energie dei più giovani, che tornano a cercare il confronto diretto, senza inibizioni, a tutto campo, in Italia e fuori, riportando nel fuoco dell'attenzione e del giusto riconoscimento anche gli "antichi maestri'' tuttora attivi e ricchi di capacità propositiva. Tracciare un percorso dal 1916, anno di nascita dii Domenico Spinosa, al 1961, anno di nascita di Antonio Manfredi, toccando il 1918 di Renato Barisani, il 1934 di Carmine Di Ruggiero, il 1941 di Gianni De Tora e il 1951 di Mario Lanzione, significa sondare il cuore pulsante di questo nostro secolo; e riconoscere un "segno" comune che attraversi il tessuto di ciascuno significa scoprire il senso preciso (significato e direzione), e dunque la funzione, che hanno assunto nel nostro tempo e nella nostra cultura la ricerca e l'espressione artistica. E vuol dire, nel caso specifico, ricomporre lo straordinario mosaico di suggestioni, tendenze, poetiche che hanno visto emergere, tra le massime manifestazioni dell'arte del nostro secolo, l'arte non oggettiva e l'arte costruita, dai futuristi al concettualismo Dada, dal suprematismo al Bauhaus, dal MAC (Movimento Arte Concreta) italiano al GRAV (Group Recherche Art Visuel) argentino-ispano-francese dall'arte cinetica e optical al Neogeo, dall'astrattismo lirico allo spazialismo, tutti movimenti e situazioni caratterizzate da un alto indice di ottimismo, di fiducia nelle capacità dell'artista di migliorare il mondo e la qualità della vita, l'igiene del pensiero e i comportamenti, la visione estetica e la valutazione etica, in una frequente oscillazione tra attesa, silenzio, ascolto dello spazio attraversato come luogo dei segni (scritture e traiettorie) e del pulviscolo cosmico (flusso energetico e materico) e l'azione costruttiva, rassodarsi del pensiero progettuale in strutturazioni giocate tra allusioni di incentivazione didattica e affermazione propositiva. Ma sempre - ecco forse il più significativo legame - con un senso della misura (quantità e qualità) rastremato, essenziale, pur senza mai rinunciare agli echi e riverberi infiniti dell'evento creativo e poietico di una "ragione" che sa farsi poesia e di un impulso lirico che sa incontrare e fecondare le ragioni della mente. E allora, in rapporto a questa situazione espositiva, che in territorio campano vanta l'importantissimo precedente del costituirsi di una sezione del MAC (1948), confluito in parte poi nell'esperienza del gruppo Geometria e Ricerca (1976), il fil rouge, il senso, è dato, a mio avviso, proprio dall' idea dell' arte come "gener-azione", cioè come espressione di un momento temporale e culturale, ma anche come attività generante nuovi spazi, nuove idee, nuovi tessuti connettivi, forme inedite, rapporti, strutture logiche, ponti di comunicazione emotiva, cioè azione che si costituisce come processo, sintassi, ed elabora, modula le materie come diretta metafora degli spazi psichici, delle manipolazioni, delle metamorfosi e delle transmorfosi intime. Sei diverse generazioni, sei sensibilità e attività creative con sollecitazioni diverse, ambiti differenti, strumenti, riferimenti, progetti, identità dissimili. Eppure, anche in una così evidente lontananza di tempo, e in un secolo che ha visto le più numerose e più rapide mutazioni di qualsiasi altra epoca, si può cogliere l'intreccio di un percorso, un legame: non tanto un denominatore comune quanto il persistere di una stessa eco, come un riverbero sonoro, olfattivo, visivo gustativo, e tattile, per quella singolare sinestesia della memoria che solo l'arte sa suscitare e promuovere. Voglio dire che non solo è importante connotarsi dei segni del proprio tempo (essere o rappresentare una generazione), ma anche, - e oggi in modo particolarissimo - recuperare il significato dell'arte come attività originale e generante, tornare a sentirsi e ad essere attivi nella costruzione dell'uomo e del mondo, superando il sentimento di perdita del centro, dell'orientamento, della profondità del tempo storico e lo smarrirsi della memoria e della conoscenza e delle abilità materiali, che così profondamente caratterizzano la nostra cultura sempre più confezionata dai mezzi di comunicazione di massa. A me pare che questa sorta di piccola "coalizione" di artisti sia significativa proprio nel senso della restituzione alla figura, all'individualità e alla capacità pratica e tecnica dell'artista di una funzione generante e rigenerante del rapporto con la realtà attraverso i sensi, e dell' immaginazione costruttiva come costante elaborazione, ora più poetica e anche lirica, ora più razionale e anche matematica, degli spazi, dei rapporti, delle materie, dei colori non più intesi come "media", mezzi di rappresentazione, bensì come campi di energia, di presentazione effettiva, di accadimento. Così l'opera può spaziare indifferentemente da un astratto informale, lirico, come insorgere e tradursi in gesto e in atmosfera cromatica dell'emozione pura, dei riverberi della memoria sensitiva nelle stanze del cuore e nelle pieghe della mente (Domenico Spinosa), oppure materializzare lo spazio in andamenti e ritmi plastici che rinnovano lo spirito dell'arte come costante "punta" sperimentale, tensione, espansione, provocazione e "rischio" (è stato ben detto) dei sensi e dell' intelletto, cioè spinta in avanti e arricchimento della forma/pensiero tra fraseggi costruttivi e allusioni di poetiche campiture cromatiche attraversate dal segno (Renato Barisani), o ritornare a farsi respiro, atmosfera ansante percorsa dal filo di scritture o strutturarsi in percorsi mentali con intermittenze cromospaziali inquiete (Carmine Di Ruggiero), o, invece, concentrarsi nell' evento progettuale (insieme ideazione e pratica esecutiva), ancora una volta "percorso", itinerario ma lineare, sintattico e paratattico fino alla rimessa in gioco aperta degli elementi segnici del fare pittura, del costruire spazi come in Gianni De Tora; o può sciogliersi in modulazioni espansive di segno, colore e struttura come penetrazione di stratificazioni di spazi diversi, apparentemente fisici, ma in realtà ricchissimi di risonanze emotive, di attraversamenti lirici: dialogo incessante tra intelletto e sentimento, gesto espressivo e costruzione (Mario Lanzione). Oppure I'opera può dilatarsi fino ad essere ambiente - non semplicemente ad occuparlo - in installazione che "comprendono" (capiscono e coinvolgono al tempo stesso) l'osservante, come fanno le rigorose geometrie dislocate di Antonio Manfredi, che attivano lo spazio di esposizione facendolo parte integrante del l' opera. Il gesto liberatorio di Domenico Spinosa, Maestro di molte generazioni di artisti napoletani sulla via di Damasco dell'illuminazione interiore in rapporto a un' arte che non fosse più mimetica, iconica, di "concentrazione" dei dati sensibili in figure di illusoria plasticità e riconoscibilità, bensì capace di portare i sensi, la percezione e l'intelligenza oltre l'apparenza, nello spazio parallelo dell'immaginario di tutte le forme possibili e del permanente fluire e fluttuare dello spazio/materia/colore/luce, diventa "costruzione", geometria, misura dei rapporti, invenzione del "logos", del discorso razionale, ora secondo sintassi percettive di ispirazione gestaltica (Renato Barisani, la sua storica adesione al MAC e il successivo, lungo e originale percorso di straordinaria ricchezza progettuale), ora secondo ''geometrie'' calcolate in funzione di una ristrutturazione ordinata, couseguenziale e stimolante degli spazi e dei rapporti materia/spazio/luce e segno/colore/forma come metafore per gli spazi esistenziali e di comportamento logico ed etico nel sociale (Carmine Di Ruggiero e Gianni De Tora, sorprendentemente contigui "Geometria e Ricerca" proprio nel senso del "percorso" storico che si vuole qui evidenziare). Per Mario Lanzione la forma è l'esito di una costante messa in discussione delle infinite possibilità di strutturazione della materia, non però in quanto massa o superficie, bensì in quanto campo di fermenti segnici e luminosi, di pieghe e inghiottimenti, di emergenze e trasparenze luminose. Antonio Manfredi entra più nel territorio della ''Neogeo", nell' impegno di rielaborazione poetica delle geometrie utilizzate come strutture di risonanza di spazi diversi, di vuoto attivanti, di materialità cromatica carica di energia generativa , che parla non tanto, o non soltanto, alla vista ma sollecita tutti i sensi e con essi l'attività immaginifica della mente a superare l' apparente, ma sempre, più asfissiante ovvietà dei dati sensoriali e delle informazioni confezionate, recuperando il senso del meraviglioso, come genuino stupore e vero e proprio miracolo creativo della sensibilità e dell' intelligenza delle "diverse gener-azioni" di artisti. Si restituisce, dunque, centralità all'artista e ancor più all'opera come paradigma di conoscenza e di operatività, cioè di partecipazione attiva al farsi del mondo nella coscienza individuale e sociale. Più che a un'analisi teorica che richiederebbe (e comunque meriterebbe) un'indagine assai complessa sui precedenti storici in area campana, comparata all' area italiana e a quella europea e internazionale, questa rassegna di alto profilo artistico, di notevole merito didattico e indiscutibile significato storico e promozionale si affida soprattutto alle opere e al "percorso" che da esse emerge evidente, nettamente contrapposto all'ormai inutile "spettacolo" dell'arte e alle devianze dell' arte spettacolo, e con rara chiarezza rivolto a una prospettiva che risponde alla nostra fortissima nostalgia di futuro, di recupero di risorse creative e progettuali che ci consentono di rompere l' assedio della cultura del frammento, del lacerato, della "rovina", del degrado, del rifatto e del virtuale, restituendoci la gioia del fare, del trasformare, del cosrruire, del "seutire", del conoscere la voce e le qualità delle materie e delle cose, dello spazio vissuto in conti- nua dialettica e dinamica tra pieno e vuoto, tra presenza e assenza, così da consentire l'elaborazione e la modulazione di sintassi cosrruttive, evitando in ogni settore quelle saturazioni che impediscono soffocando sul nascere ogni pensiero progettuale e innovativo. |
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